Milano, 25 novembre 2025 – “Sono convinto che la violenza contro le donne debba essere combattuta, innanzitutto, con le armi della prevenzione, del contrasto, della tutela e del sostegno alle vittime. Per vincere la sfida culturale che abbiamo di fronte è necessario che le donne imparino a riconoscere i segnali della violenza anche quando non sembra violenza, sapendo che non devono mai giustificare la paura. Dobbiamo costruire un percorso che porti a un cambio di prospettiva perché ci sono ancora troppi uomini spinti da un’idea della donna del tutto inaccettabile, quella di essere ‘proprietà’ di qualcuno. Serve, soprattutto, un’assunzione di responsabilità da parte di ognuno di noi, un impegno a fare la nostra parte, per quanto piccola, perché ogni parte conta. Un impegno, come Consiglio regionale, a continuare a lavorare — con le leggi, nelle scuole, sui territori, nella comunicazione — perché nessuna donna debba più sentirsi in pericolo nella propria casa, nella propria relazione, nel proprio quartiere, nella propria vita quotidiana. Se vogliamo davvero cambiare le cose, dobbiamo farlo con continuità, con metodo, con serietà. È quello che ci impegniamo a fare. E possiamo farlo solo insieme”.
Con queste parole il Presidente del Consiglio regionale Federico Romani ha introdotto la discussione in Aula sull’informativa dedicata alla Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che ha aperto la seduta odierna. Nel corso del dibattito i Consiglieri regionali hanno indossato la maglietta arancione, simbolo della prevenzione contro la violenza sulle donne.
Nel 2025 Regione Lombardia ha collaborato con i principali soggetti coinvolti nella prevenzione e nel contrasto della violenza contro le donne, assicurando un supporto costante e diffuso alle 27 reti territoriali, ai 56 centri antiviolenza e alle 173 case rifugio presenti sul territorio. Per sostenere questo modello e per consentirne il buon funzionamento Regione Lombardia ha investito, da inizio legislatura oltre 39 milioni di euro, tra risorse regionali e nazionali.
“Si conferma la forza del modello lombardo delle reti territoriali antiviolenza, riconosciute e sostenute dalla Regione. Un modello che ha saputo integrare in modo armonico pubblico e privato sociale e che garantisce prossimità, professionalità e continuità dei servizi” – ha dichiarato nel suo intervento l’Assessore alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità Elena Lucchini.
Secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Interno, a settembre 2025 in Italia sono stati registrati 224 omicidi, dei quali 73 hanno avuto come vittime le donne.
Tra questi, 60 sono avvenuti in ambito familiare o affettivo e, in 44 casi, l’autore è risultato essere il partner o l’ex partner. Nello stesso periodo, in Regione Lombardia, le donne uccise sono state 16 (8 in provincia di Milano, 2 nella provincia di Varese, 2 nella provincia di Pavia, 1 nella provincia di Monza e Brianza, 1 nella provincia di Bergamo, 1 nella provincia di Brescia e 1 nella provincia di Como).
Secondo i dati ISTAT, nel 2024 i Centri Antiviolenza lombardi hanno accompagnato nel loro percorso 6.342 donne. Un numero in crescita rispetto al 2023, anno in cui le prese in carico erano state 5.810. Il numero più significativo di donne prese in carico proviene dalla provincia di Milano (39,4%), seguita da Brescia (8,6%), Monza e Brianza (8,4%) e Varese (7,6%). Sempre secondo l’ISTAT le forme di violenza subite sono multiple e riguardano soprattutto la violenza psicologica (per il 30,5%). Seguono, in termini di incidenza, la violenza fisica (23%), la minaccia, la violenza di tipo economico e lo stalking. I maltrattamenti nascono per lo più in contesti familiari: sono infatti i mariti ad essere indicati dalle donne prese in carico come gli autori delle violenze (per il 30,5% del totale), a cui seguono i conviventi (13,5%) e, successivamente gli ex-conviventi (9,11%).
Sono le donne occupate in forma stabile (44% del totale) a rivolgersi più frequentemente ai servizi. Seguono le donne disoccupate (18,2%), le donne occupate in forma precaria (7,8%) e le studentesse (7,3%). Le vittime di violenza possiedono un titolo di studio medio o medio alto. Nel complesso le donne in possesso di un titolo di studio di scuola secondaria superiore (34%) e di laurea (14,5%) costituiscono la maggioranza dei casi.
La condizione di nubile (39,4%) è quella che caratterizza la maggioranza delle donne, seguita da quella di moglie (33,7%). le separate/divorziate costituiscono il 14,2%. Le fasce d’età maggiormente interessate sono quella compresa tra i 35 e i 44 anni di età (per il 27%), quella compresa tra i 45-54 anni (per il 23,7%) e quella compresa tra i 25-34 anni (per il 21% del totale).
Nel dibattito è intervenuta la Consigliera Paola Bocci (PD) che ha insistito sulla necessità di puntare soprattutto sull’occupazione femminile come strumento per favorire l’indipendenza delle donne. Più risorse per i Centri antiviolenza è stata la richiesta avanzata dal Capogruppo del PD, Pierfrancesco Majorino, mentre la Consigliera Miriam Cominelli (PD) ha sottolineato l’importanza di un linguaggio più inclusivo. Il Capogruppo di Fratelli d’Italia, Christian Garavaglia, ha evidenziato come la cultura del rispetto si deve tradurre in azioni concrete e anche nella certezza della pena per i reati di violenza di genere “che va sempre condannata senza se e senza ma”. Il Capogruppo della Lega, Alessandro Corbetta, ha messo in correlazione i dati delle violenze sulle donne all’immigrazione incontrollata “che ha prodotto meno sicurezza, anche per la diversa concezione della donna in altre culture”.
Sull’importanza del ruolo della famiglia nella promozione di un’educazione al rispetto ha parlato Marisa Cesana (Lombardia Ideale), mentre Paola Pollini (M5S), Presidente della Commissione Antimafia, ha ricordato la figura di Lea Garofalo “vittima di femminicidio del patriarcato malavitoso, simbolo di resistenza, giustizia e verità”. Per Luca Marrelli (Lombardia Ideale) occorre affiancare all’azione repressiva un’azione di sensibilizzazione e di prevenzione capillare. Per Onorio Rosati (AVS) il problema è il patriarcato, ovvero “la differenza di potere nella coppia che si scarica nella famiglia”. Paola Pizzighini (M5S) ha posto l’attenzione sulle violenze alle donne in ambito lavorativo, mentre Silvia Scurati (Lega) ha ricordato gli orfani di femminicidio e l’influenza del linguaggio violento sui giovani, stigmatizzando gli estremismi culturali e la necessità di pene certe e severe. La Consigliera Carmela Rozza (PD) ha sottolineato che “non si fa mai abbastanza per fermare gli uomini violenti”. Della necessità di compiere “una rivoluzione culturale” ha parlato Nicolas Gallizzi (Noi Moderati), mentre Gian Mario Fragomeli (PD) ha ribadito la responsabilità di continuare a contrastare la violenza maschile. Infine, Paolo Romano (PD) ha sostenuto che “i diritti non sono concessioni” ed Claudio Mangiarotti (FdI) ha proposto il tema della sensibilizzazione per contrastare la violenza.