“Stille Nacht”, il canto Patrimonio Unesco che fonda le sue radici nel 1816

Legato alla Tregua di Natale durante la Prima Guerra Mondiale, da noi è diventato “Astro del Ciel” grazie alla traduzione di un sacerdote bergamasco

E’ un filo sottilissimo quello che lega la Tregua di Natale del 24 dicembre del 1914 a Stille Nacht, celebre brano natalizio cantato in tutto il mondo, più conosciuto nella versione inglese Silent Night e noto in Italia come Astro del Ciel.
Una melodia sussurrata, una preghiera composta un secolo prima da un sacerdote di Salisburgo e capace, come un grido di libertà, di mettere in pausa per qualche giorno la Prima Guerra Mondiale.
Nel 1816, il prete austriaco Joseph Mohr scrisse su un foglietto di carta alcune parole per celebrare il Natale e insieme rinfrancare il suo popolo provato dalle guerre napoleoniche.
Solo l’incontro due anni dopo col musicista Franz Xaver Gruber trasformò la composizione in un simbolo indiscusso del Natale. Basta fare un giro sulle piattaforme musicali, per scoprire quante cover ne siano state fatte: sono davvero tantissimi gli artisti, più o meno famosi, che hanno voluto reinterpretarla.

Un filo sottilissimo ma abbastanza forte da unire almeno per una notte, almeno per la notte di Natale, i soldati impegnati sul fronte nel 1914. Era la sera del 24 dicembre ed era giunto il tempo della Tregua di Natale.
Nella regione belga di Ypres, i combattimenti tra forze tedesche e alleati erano incessanti e masse di uomini venivano lanciate contro fili spinati nemici per conquistare terreno.
Lì, nei tratti in cui le trincee distavano solo poche decine di metri fra loro, dove gli avversari si potevano vedere e sentire chiaramente, dove la linea del fronte era una distesa di cadaveri e crateri provocati dalle esplosioni e la pace sembrava un miraggio nonostante l’approssimarsi del Natale e gli appelli di papa Benedetto XV, proprio lì, lungo la prima linea, i soldati dello schieramento opposto videro accendersi a intermittenza piccole luci e udirono le parole: «Buon Natale, soldato!».

Nemici, che fino a questo momento non si erano risparmiati violenza, si avvicinavano indifesi, si guardavano negli occhi, si parlavano.
Senza che nulla fosse concordato e senza alcuna approvazione delle gerarchie militari, si usciva dalle trincee, si attraversava la terra di nessuno, si scavalcavano buche, reticolati e corpi insepolti e ci si incontrava disarmati. Gli uni di fronte agli altri, gli uni in mezzo agli altri.
Una pace spontanea, un fatto inaspettato, coraggioso, miracoloso: non più bombe ma abbracci, strette di mano e sorrisi.
Soldati tedeschi, inglesi e francesi cominciarono a comunicare tra di loro, condividere pensieri, ricordi e fotografie dei propri familiari. Si inventarono una palla fatta di stracci per giocare a calcio. Insieme seppellirono i reciproci caduti, accesero candele, celebrarono messe e intonarono, ciascuno nella propria lingua, le parole di Stille Nacht.
Un momento di grande umanità, scandito da quel brano musicale eseguito per la prima volta nel 1818 nella chiesa di San Nicola a Oberndorf e tradotto in inglese quarant’anni dopo.
In Italia ha preso il nome di Astro del Ciel, con un testo, però, molto diverso dall’originale, pur conservando intatta la melodia. Fu il sacerdote bergamasco don Angelo Meli a riscriverlo, scegliendo una versione più vicina alla sensibilità del popolo italiano dei primi anni del Novecento: più che una “ninna nanna” al Bambin Gesù, un inno al “mite Agnello redentor”, affinché doni “luce alle menti” e infonda “pace nei cuor”.

In ogni caso, che si tratti di Stille Nacht, Silent Night o Astro del Ciel, questo canto resta pur sempre un emblema del Natale, un’invocazione all’amore e alla pace.
Versi millenari, conosciuti da miliardi di persone e dalla melodia dolce e accogliente, che ben rispecchiano l’atmosfera della notte della vigilia. Ore colme di attesa, di serenità e di gioia, come quelle dei bambini che fremono, impazienti di aprire i regali sotto l’albero.
Fu così nel 1914. Le lettere spedite a casa dai soldati, e oggi per lo più conservate in archivi storici e musei di guerra, ci raccontano l’emozione di quei momenti.
Decine, centinaia, di fanti camminarono fuori dalle loro trincee per andare verso le postazioni nemiche. Lentamente, quasi sospinti da una forza invisibile: il desiderio di deporre le armi e riconciliarsi, il desiderio di normalità.
Due giorni dopo il sogno delle truppe si infranse contro i colpi sparati in aria dagli ufficiali, contrari alla sospensione delle ostilità: si sanciva la fine della Tregua e il divieto di simili iniziative.
Un ordine, questo, però, che non cancellò allora e non cancella oggi l’aspirazione custodita in una festività e in una canzone che rappresentano universalmente il desiderio di pace.
Stille Nacht è un’eco potente di speranza: mai scalfita dal tempo e dalle mode, tradotta in oltre 300 lingue, colonna sonora di giorni e film natalizi, dal 2011 Patrimonio Culturale Immateriale Unesco.