Ha preso il via questa mattina la discussione sulla Proposta di legge al Parlamento (PlP) che mira a introdurre nuove norme in materia di contrattazione collettiva decentrata. Relatore è il Presidente della Commissione, Pietro Foroni (Lega Nord). Il testo, composto da 6 articoli, mira alla determinazione dei minimi salariali a livello regionale e aziendale. “Mantenere la centralità del contratto nazionale anche nella determinazione dei salari minimi non tiene conto delle differenze connesse al potere d’acquisto da Regione a Regione con conseguente ingiusto squilibrio del salario reale”, recita la relazione introduttiva del provvedimento. “Il decentramento delle contrattazioni collettive ha come obiettivo l’uguaglianza sostanziale attraverso la verifica del potere reale di acquisto – spiega il Presidente Foroni – Un altro aspetto fondamentale è la volontà di ancorare la retribuzione a coefficienti di produttività”. In audizione erano presenti i professori Giuseppe Valditara e Francesco Rotondi che hanno collaborato alla scrittura della Proposta di legge. Alcuni dati. Una recente indagine Eurostat – si legge nella relazione che accompagna la Proposta di legge – ha calcolato il salario orario italiano in 12,5 euro con un potere d’acquisto pari a 12,3 euro; nell’Unione europea la media è invece di 13,2 euro l’ora. Il dato europeo è tuttavia condizionato dai bassi salari dei Paesi dell’est: in Bulgaria la paga oraria è di 1,7 euro e in Romania di 2 euro. Secondo una ricerca della Fondazione Rodolfo Debenedetti, svolta nel 2014 dagli economisti Tito Boeri della Bocconi, Andrea Ichino dell’Istituto universitario europeo ed Enrico Moretti dell’università californiana di Berkeley, un cassiere di banca di Milano con cinque anni di anzianità guadagna uno stipendio nominale superiore a quello di Ragusa del 7.5%. Considerata la differenza del costo della vita lo stipendio reale del bancario milanese è inferiore del 27.3% rispetto a quello del suo collega siciliano. Il salario nominale di un insegnante di scuola elementare, sempre con cinque anni di anzianità, è uguale in tutte le regioni italiane: 1.305 euro al mese. Una retribuzione che però in base al diverso indice dei prezzi al consumo nelle due città prese come campione equivale a 1.051 euro reali a Milano e 1.549 a Ragusa. Per avere lo stesso potere d'acquisto lo stipendio dell'insegnante milanese dovrebbe essere del 48% più alto di quello dell'insegnante che vive a Ragusa. Grazie ad un contratto integrativo provinciale – si legge ancora nella relazione – un maestro elementare altoatesino con 25 anni di anzianità guadagnava, nel 2009, 2.400 euro al mese lorde contro uno stipendio di un maestro elementare lombardo di eguale anzianità, di appena 1.600 euro lorde, ben 800 euro al mese di differenza.
- 9 Marzo, 2017
- 12:00 am
- Categorie: Lombardia Quotidiano