E’ conservato nella Chiesa di Santa Giustina, nel quartiere di Affori a Milano, un piccolo capolavoro che per la sua bellezza è stato ritenuto in passato opera di Leonardo ma che oggi gli studiosi tendono ad attribuire a Bernardino Luini o ad Ambrogio De Pedris, entrambi amici e collaboratori del genio vinciano quest’anno ricordato per i 500 anni dalla morte.
E’ la Vergine delle Rocce, un’opera incentrata sul mistero dell’Immacolata concezione di Maria e sul suo ruolo nella redenzione del genere umano. Un soggetto tra i più famosi del grande pittore che nel tempo è stato duplicato più volte dallo stesso maestro toscano, con significative varianti. Oggi due di questi dipinti, pur realizzati entrambi a Milano, si trovano al Louvre di Parigi e alla National Gallery di Londra, ma nelle chiese e nei musei ambrosiani rimangono pregevoli lavori artistici ad essi direttamente ispirati. Come quello che tutti possiamo ammirare in Santa Giustina.
La “Vergine delle Rocce” rappresenta la prima commissione certa ricevuta da Leonardo al suo arrivo nel capoluogo lombardo. L’opera gli fu richiesta nel 1483 dalla Confraternita laica dell’Immacolata Concezione per la propria cappella nella chiesa di San Francesco Grande. Questo dipinto, tuttavia, con molta probabilità non fu mai consegnato ai committenti e, secondo alcuni studiosi, all’opera si interessò successivamente Ludovico il Moro per farne dono a Massimiliano d’Asburgo in occasione delle sue nozze con Bianca Maria Sforza.
In seguito a diversi incroci dinastici, il dipinto sarebbe poi arrivato alla corte di Fontainebleau e quindi al Museo del Louvre.
Per onorare comunque il contratto con San Francesco Grande, Leonardo, dieci anni più tardi, lavorò una seconda versione della pala poi ultimata tra il 1506 e il 1508, ma con la soppressione della Confraternita dell’Immacolata, finì poi per essere venduta a un pittore inglese, entrando così a far parte delle collezioni londinesi.
Le due versioni della Vergine delle Rocce destarono grandissima ammirazione nei contemporanei, tanto da essere subito copiate e imitate. Fra le numerose opere ispirate ricordiamo, oltre a quella in Santa Giustina, anche il paliotto di seta ricamata, realizzato per il santuario del Sacro Monte di Varese e oggi conservato nell’attiguo Museo Baroffio. E le copie rintracciate in San Francesco Grande e nella Pinacoteca Ambrosiana, quest’ultima realizzata da Andrea Bianchi detto il Vespino, un pittore specializzato in repliche leonardesche.
- 29 Maggio, 2019
- 12:00 am
- Categorie: Lombardia Quotidiano
Quella chiesa di Affori che custodisce i segreti di Leonardo
