“Il mio cuore è targato MI”, don Camillo e Peppone a Palazzo Pirelli

In conclusione dell’anno guareschiano (50 anni dalla scomparsa dello scrittore, avvenuta il 22 luglio 1968), Palazzo Pirelli, sede del Consiglio regionale, ospita la mostra “Il mio cuore è targato Mi” curata dall’associazione “Gruppo Amici di Giovannino Guareschi”.

Forse non tutti sanno che il “papà” di don Camillo e Peppone, due personaggi che ancora oggi fanno audience in televisione, è uno degli autori italiani più letti e il più tradotto nel mondo. L’esposizione di Palazzo Pirelli approfondisce, attraverso testi e fotografie, il suo rapporto intenso e fecondo con Milano e la Lombardia.

Guareschi venne “reclutato” a Milano da Cesare Zavattini e Andrea Rizzoli, che pensarono a lui, impegnato per il servizio militare a Modena ma già rivelatosi alla Gazzetta di Parma, per dar vita al Bertoldo, settimanale satirico. Da quel 1936 la vita di Giovannino Guareschi si lega indissolubilmente a Milano, dove rimarrà a lavorare per 25 anni. Prima il Bertoldo e poi il Candido, i libri (il primo dei quali dal titolo emblematico: “La scoperta di Milano”), i film, il successo internazionale, tutto maturato all’ombra della Madonnina.

Nel 1941 Guareschi compie il suo personalissimo “Giro d’Italia” in bicicletta, partendo da Milano e percorrendo tutta la via Emilia, sino a Rimini (oggetto della mostra “Route 77”  che pure verrà riproposta)  quindi tornando a Milano dalla riva sinistra del Po, passando per le province di Mantova, Brescia, Lecco, Bergamo e Milano e raccontando tutto dalle colonne del Corriere di Informazione, edizione pomeridiana del Corriere della sera. I pannelli della mostra “Il mio cuore è targato Mi” raccontano questo viaggio di ritorno oltre che le numerose escursioni sui laghi e sulle montagne lombarde, compreso il raduno della moto Guzzi del 1949 (di cui quest’anno ricorre il 70° anniversario).

Non mancherà un riferimento ai racconti di don Camillo e Peppone nella metropoli milanese e alle memorie “di famiglia” di Guareschi che amava citare Milano, le periferie e la Fiera Campionaria. Come messo debitamente in risalto dalla mostra, inoltre, i personaggi del “Mondo piccolo”, e le storie diventate famose e tradotte in 142 lingue nel mondo, sono nate a Milano, la vigilia di Natale del 1946.

Il titolo dell’esposizione ricorda la frase che Guareschi scrisse quando andò ad abitare a Roncole Verdi dicendo: “Oggi la mia macchina è targata PR, ma il mio cuore è targato MI!”.

GIOVANNINO GUARESCHI

E’ uno degli scrittori italiani più venduti e tradotti nel mondo, con oltre 20 milioni di copie. Giovannino (è il nome di battesimo) Guareschi nacque a Fontanelle di Roccabianca (Parma) il primo maggio 1908. Il padre era un commerciante e la madre la maestra elementare del paese.

Iscritto all’Università di Parma, Guareschi conobbe lo scrittore Cesare Zavattini, che lo introdusse alla Gazzetta di Parma come correttore di bozze, prima che diventasse aiuto-cronista e capo-cronista. Dopo il servizio militare, Giovannino ricevette un’altra proposta da Zavattini: quella di entrare in un giornale umoristico che stava per nascere. Si trasferì così a Milano per lavorare al Bertoldo, per il quale scriveva e produceva disegni. Divenne poi caporedattore con la direzione di Giovanni  Mosca.

Scrisse Guareschi di sé: “Dai 18 anni in poi si è sempre occupato di giornalismo e, come attività sussidiaria, ha fatto il cartellonista, l’elettricista, lo scenografo, il caricaturista, l’istitutore, l’ufficiale di censimento, il disegnatore in un laboratorio per la pastorizzazione del latte, il portinaio in un zuccherificio. Talvolta ha fatto anche lo studente universitario di giurisprudenza, ma pare che, per ora, non abbia intenzione di laurearsi”.

Quando, l’8 settembre ’43, fu dato l’annuncio dell’armistizio dell’Italia con gli Alleati, Giovannino si trovava in caserma ad Alessandria, come ufficiale col grado di tenente di artiglieria. Catturato, rifiutò di restare al fianco dei tedeschi: fu arrestato e inviato nei campi di prigionia  dove rimase per due anni, un’esperienza dura della quale ebbe modo di scrivere: “Non abbiamo vissuto come i bruti. Non ci siamo rinchiusi nel nostro egoismo. La fame, la sporcizia, il freddo, le malattie, la disperata nostalgia delle nostre mamme e dei nostri figli, il cupo dolore per l’infelicità della nostra terra non ci hanno sconfitti. Non abbiamo dimenticato mai di essere uomini civili, con un passato e un avvenire”

Dopo la guerra Guareschi fondò con Giovanni Mosca e Giacinto Mondaini il “Candido”, settimanale satirico che arrivò a tirare 600.000 copie e oggi è rinato a Roma. Non avendo mai avuto timori reverenziali per nessuno e volendo sempre raccontare verità anche scomode, Guareschi si occupò anche di denunciare a gli omicidi compiuti dai partigiani comunisti nel “triangolo della morte”.

Nel 1948 uscì la prima raccolta di racconti sul “Mondo piccolo, con protagonisti Don Camillo e Peppone. Fu il primo capitolo di una saga ventennale in 346 puntate e 5 film. La profonda fede cattolica, l’attaccamento alla monarchia e il fervente anticomunismo fecero di Guareschi uno dei più acuti critici del Partito Comunista Italiano. Nelle elezioni del ’48 lo scrittore si impegnò moltissimo affinché fosse sconfitto il Fronte Democratico Popolare ma, dopo la vittoria della DC e dei suoi alleati, criticò anche la Democrazia Cristiana, che a suo parere non seguiva i principi cui si era ispirata.

Il 15 aprile 1954 Giovannino venne condannato per il reato di diffamazione a mezzo stampa su denuncia di Alcide De Gasperi per aver pubblicato due lettere  del ’44 in cui il politico trentino avrebbe chiesto agli Alleati anglo-americani di bombardare la periferia di Roma e l’acquedotto della capitale “per infrangere l’ultima resistenza morale del popolo romano” nei confronti dei fascisti e degli occupanti tedeschi. Guareschi rimase in carcere per 405 giorni rifiutando in ogni momento di chiedere la grazia ed è così il primo e unico giornalista italiano a scontare interamente una pena detentiva in carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa.

Nel 1961 Rizzoli chiuse improvvisamente il “Candido”, dopo l’uscita, il 7 ottobre, del quarto film della famosa saga di don Camillo: “Don Camillo … monsignore ma non troppo”, prodotto dalla Cineriz di Angelo Rizzoli. Lo scrittore giudicò la sceneggiatura lontanissima dallo spirito del romanzo. Iniziò poi a collaborare con La Notte e il Borghese, oltre a sceneggiare il quinto film della serie: “Il compagno don Camillo” e a scrivere, sul settimanale “Oggi” i racconti della serie “Don Camillo e la ragazza yè-yè”, diventati poi il sesto film “Don Camillo e i giovani d’oggi”. Morì il 22 luglio 1968 a Cervia.

"Il mio cuore è targato MI”

 Giovannino Guareschi e la Lombardia

Mostra fotografica in occasione dell’anno guareschiano

Palazzo Pirelli-Spazio Eventi
Dal 2 al 27 luglio: dal lunedì al giovedì ore 9-12.30/14-17; venerdì ore 9-12.30