"Padre Po", Milano e i navigli, le marcite, i canali, il lago di Pusiano, il Ticino. L’acqua. L’Oltrepò e le trattorie, i calici alzati ritmicamente e puntualmente gustati e bevuti. Il vino. C’è tanta terra lombarda nella produzione di Gianni “Giuan” Brera, autodefinitosi “principe della zolla” e nato cento anni fa, l’8 settembre del 1919, a San Zenone Po (Pavia): un Gran Lombardo che è riduttivo, troppo riduttivo, qualificare semplicemente come giornalista sportivo, professione che abbracciò diventando a soli 30 anni direttore della Gazzetta dello Sport. In continua attività come la sua pipa, si cimentava infatti con successo come scrittore, affabulatore, telegiornalista. Soprattutto però era un artista delle lettere. Un inventore di parole. Umberto Eco lo apostrofò “Gadda spiegato ai al popolo” e lui ne ebbe giustamente a male. E da spadaccino provetto si infilò in un duello senza soluzione. Brera era ed è Brera e gli appassionati di sport ne perpetuano il ricordo ogni volta che ripetono o sentono pronunciare termini come “goleada”, “incornare”, “rifinitura”, “manfrina”, insieme a tutte le altre espressioni, colorite, musicali, felicemente dense di significato che Andrea Maietti, scrittore lodigiano, ha raccolto addirittura in un vocabolario tutto da leggere con sommo divertimento. Termini dialettali, reminiscenze classiche dal latino e dal greco, nozioni storiche e scientifiche: tutto serviva a Brera per comporre i suoi ritratti e i pirotecnici racconti degli eventi agonistici. La parola al centro: un esercizio buono per riflettere e capire, un “lavoro” che oggi (epoca di troppe parole vuote e false) servirebbe assai. Chi non ha avuto ancora la fortuna di conoscerne gli scritti, provi cominciando da una raccolta di pezzi dedicati alla nostra regione. Un titolo, un programma: “Lombardia amore mio”.
Nel 2003 il Consiglio regionale, riconoscendo il valore della sua opera, gli tributò alla memoria il Sigillo Longobardo, onorificenza assegnata a chi ha dato lustro alla Lombardia.