Ispra 1, il primo reattore italiano di ricerca nel segno di Enrico Fermi

Era il 15 Aprile del 1959 quando l’allora Presidente della Repubblica Italiana Giovanni Gronchi inaugurava “Ispra – 1”, il primo di due reattori italiani di ricerca sperimentale realizzati nel Centro studi del Comitato nazionale per le ricerche nucleari di Ispra (VA).

In esercizio dal 1959 al 1973, il reattore termico eterogeneo Ispra-1 costruito dal CNRN fra il 1957-58 rappresenta l’ultima versione di reattori Chicago-Pile 5MW della serie research-reactors sviluppata dal fisico italiano e Premio Nobel 1938 nel campo della fisica quantistica e nucleare Enrico Fermi (Roma 1901 – Chicago 1954) che contribuì a creare le premesse del nucleare italiano basato sulla sperimentazione e ricerca.

Il legame tra il mondo del nucleare e Ispra prese forma agli inizi degli anni ‘50 con gli studi progettuali e la successiva realizzazione del Centro del Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare che in quegli anni vedeva nelle applicazioni pacifiche del nucleare una delle vie più promettenti per la produzione di energia. L’intesa si consolidò negli anni ’60 con la firma dei trattati di Roma con i quali la CEE e l’Euratom istituirono il Joint Research Center (JRC).

Con l’istituzione nel 1957 della Comunità Europea dell’Energia Atomica (CEEA), il Centro di studi nucleari di Ispra fu ceduto nel 1959 (per un periodo di 90 anni) dall’Italia alla stessa CEEA che, a partire dal marzo 1963, affidò ad Euratom la gestione del reattore a scopi di studi e ricerche sulla fisica del “nocciolo”; sui materiali per la costruzione dei reattori commerciali; sui flussi neutronici e loro interazioni con la materia vivente.

Nel 1963, presero avvio anche i progetti per la realizzazione del secondo reattore sperimentale Essor realizzato dal Centro Comunitario delle Ricerche Euratom nell’ambito del progetto Essai-Orgel che prevedeva lo studio di una serie di reattori di potenza moderata ad acqua pesante. Con la necessità di monitorare e studiare i parametri critici del reattore, come sito-modello ottimizzato venne edificato l’Orgel Critical Experiment (ECO) che ancora oggi costituisce una risorsa preziosa nell’ambito della riconversione sotto il profilo ambientale.

E’ a partire dall’inizio degli anni ‘70 che in Italia, per il nucleare, si fanno più “calde” le tematiche sull’impatto ambientale e sulla sicurezza; argomenti che gradualmente porteranno alla sospensione e chiusura di entrambi i reattori: prima Essor nel 1983 (dopo 16 anni di ricerca) e successivamente Ispra-1 nel 1985. L’ultimo test nucleare avviene nel 1993, prima dei lavori di smantellamento dei reattori.

Sul tema, nel 2009, la Commissione europea definì un programma tecnico-economico e temporale per la disattivazione degli impianti nucleari obsoleti e la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare(decommissioning) derivanti dalle trascorse attività di ricerca svolte presso il CCR di Ispra. Si prevede che tutte le attività inerenti al nucleare, tra smaltimento e smantellamento, vengano iniziate nel 2020 e concluse entro il 2028, per un costo totale che si aggira intorno ai 60milioni di euro. Le operazioni di decommissioning del reattore Ispra-1 includono tre fasi: attività preliminari; smantellamento del reattore e bonifica finale del sito. Tali attività saranno avviate solo a valle dell’approvazione da parte dell’Autorità di controllo Isin, dell’istanza di smantellamento presentata dalla società incaricata Sogin, attuale titolare dell’impianto JRC. Lo smantellamento prevede che tutti i pezzi contaminati vengano conservati in sicurezza, stoccati adeguatamente (in un’area identificata all’interno del centro di Ispra), in attesa che lo stoccaggio permanente avvenga trasferito in un sito individuato a livello nazionale.