Coronavirus, vita da eremiti: i luoghi della “fuga mundi” in Lombardia

Forse quella di Nazario Nesta, 28enne partito circa un anno fa da San Nicandro Garganico, in provincia di Foggia, per un giro d’Italia a piedi, e ora costretto a una vita eremitica nei boschi sopra Chiuro (SO) non è una scelta volontaria. Tanto meno una vocazione, quanto piuttosto una necessità dovuta all’emergenza Coronavirus. Da circa un mese, vive in una tenda in attesa di poter riprendere il suo progetto “Disegnare l’Italia”, di cui parla nel suo blog.

Eppure la Lombardia vanta una discreta storia, e anche qualche leggenda, circa le persone che nei secoli scorsi scelsero di ritirarsi in preghiera in luoghi solitari. Nella nostra regione, sono circa venti i luoghi recensiti come “eremi”, alcuni dei quali ospitarono davvero monaci e religiosi che abbracciarono, non senza tormenti, la “fuga mundi” come loro personale vocazione. Immerse nei boschi o a precipizio sulle alture dei laghi lombardi questi luoghi spettacolari e affascinanti ancora oggi richiamano turisti e amanti del silenzio. Di seguito alcune delle loro antiche storie, che ci possono aiutare a trovare pace e conforto in questi tempi drammatici.

Direttamente collegato alla peste del 1630 è l’eremo di San Valentino a Sasso di Gargnano (BS). Si tratta di una cappella romitorio semi rupestre, costruita nel 1650 dai sopravvissuti alla peste di manzoniana memoria, che si erano rifugiati tra queste rocce a circa 700 metri di altezza, alle pendici del monte Comer, per sfuggire al contagio. Secondo alcuni documenti, nei secoli vi vissero ben tre eremiti, l’ultimo dei quali- un tale Geremia Paladini- vi morì nel 1865, dopo esserci vissuto per 16 anni.
Più o meno nella stessa epoca, esattamente nel 1660, venne costruito a 
Canzo (CO) l’eremo di San Miro al Monte, proprio in prossimità della grotta dove visse il Santo, nato a Canzo nel 1336 e morto a Sòrico sul lago di Como 45 anni dopo. Conosciuto come il  “Santo della pioggia” è da sempre invocato nei periodi di siccità e ancora oggi molti turisti si riforniscono dell’acqua locale, che si dice avere effetti salutari.

Frequentato ai tempi da San Carlo Borromeo, che non disdegnava di seguire le rigide regole della comunità, e più recentemente da Giuseppe Lazzari, rettore dell’Università Cattolica, l’ eremo San Salvatore, in località Crevenna sopra Erba (CO), domina la piana brianzola. La chiesetta eremitica divenne proprietà dei frati Cappuccini nel 1536 e fu poi chiusa a fine ‘700. Durante l'ultima ristrutturazione, a metà degli anni Novanta, venne alla luce l'affresco della Crocifissione attribuito a Michelino da Besozzo, oggi visitabile su prenotazione.

Molto legato alla vita sociale, economica e culturale della Brianza, fu l’ eremo di san Pietro al Monte di Civate (LC). Il complesso benedettino è senza dubbio uno dei monumenti abbaziali più interessanti dell'intera Lombardia, meta di notevole interesse storico, artistico, religioso. Situato a 662 metri sul livello del mare, lo si raggiunge dal paese di Civate in un'ora circa di cammino tramite un sentiero ciotolato di montagna che nell'ultima parte sale a gradoni, percorribile solo a piedi. Inserito dal 2016 nella Tentative List dell'Unesco come patrimonio dell'umanità, nell'ambito del paesaggio culturale degli insediamenti benedettini dell'Italia medevale, lega la sua origine a una leggena in cui si cita un eremita di nome Duro e Adalgiso, figlio dell'ultimo re longobardo Desiderio.

Molto affascinanti le leggende che ruotano attorno alla figura di san Glisente, legate alla tradizione popolare della bassa Valle Camonica, che ricordano la scelta eremitica di un soldato dei Franchi che ripudiò la guerra per rifugiarsi su un monte sopra Berzo Inferiore (BS), a circa duemila metri d’altezza. Anche suo fratello e sua sorella lo seguirono nella vita ascetica, andando a vivere rispettivamente Fermo su una cima di Borno e Cristina sul territorio di Lozio, nella zona della Concarena. I tre mantennero i contatti a distanza, accendendo ogni sera un falò. Se qualcuno non avesse acceso il falò, gli altri avrebbero capito che era subentrata la morte. Si racconta che Glisente, dopo la morte, sia stato trovato da alcuni pastori saliti sulla montagna con il gregge. Questi avevano notato un fatto molto strano: una colomba che portava ramoscelli e foglie sopra la grotta in cui era vissuto l’eremita. Incuriositi, si avvicinarono e trovarono il suo corpo intatto, come se fosse ancora vivo. Lo seppellirono così nello stesso luogo che il santo aveva scelto come sua dimora.

Incantevole poi a Leggiuno (VA), l’eremo S. Caterina al Sasso Ballaro, dedicato appunto alla patrona d’Italia di cui si celebra la festa il 29 aprile. Secondo la leggenda l’eremo venne fondato da Alberto Besozzi di Arolo, un ricco mercante scampato ad un naufragio per intercessione di santa Caterina d’Alessandria nel 1170 e ritiratosi a vita eremitica sul Sasso Ballaro.

Anche la Bassa ebbe i suoi luoghi di eremitaggio. Famoso il Romitorio di San Pietro Redondesco (MN), per parecchi secoli abitato da eremiti che vi conducevano una vita meramente contemplativa.

Dedicata alla devozione mariana, la famosa grotta della Madonna della Cornabusa (letteralmente, roccia cava) a Sant’Omobono Terme  (BG), è sicuramente il santuario rupestre più caratteristico della bergamasca. La grotta-santuario deve la sua popolarità, non solo alle suggestioni che la natura del luogo offre, ma soprattutto alle ricorrenti storie di “apparizioni mariane” e di prodigiosi eventi che si sono avvicendati nel corso dei secoli.

Preghiera e natura, sono le caratteristiche dell’eremo di Ponte Nizza (PV) dedicato a sant’Alberto di Butrio, dove è presente una ricca erboristeria gestita ora dagli eremiti di San Luigi Orione. Al fondatore dell’eremo si deve una preghiera di intercessione, di grande attualità, per noi “tormentati uomini d’oggi”.