Export nel settore armiero, il Consiglio vota per la sburocratizzazione delle pratiche

Alleggerire i vincoli burocratici relativi alle pratiche relative all'esportazione di armi. E' questo lo scopo della mozione approvata oggi dal Consiglio regionale. Alla votazione erano presenti 72 consiglieri45 i voti a favore espressi dalla maggioranza e 27 quelli contrari espressi da Pd (con eccezione del consigliere Corrado Tomasi), Patto Civico Ambrosoli e Movimento Cinque Stelle.

 

La mozione, presentata dalla Lega Nord e firmata da tutto il Centrodestra e dal consigliere Corrado Tomasi (PD), chiede alla Giunta regionale di sollecitare il Governo a modificare le norme che hanno recepito il regolamento europeo in materia, al fine di ridurre i vincoli burocratici alle aziende lombarde del settore armiero.

“Vincoli che rischiano di compromettere la produzione e il bacino occupazionale – ha detto il relatore Fabio Rolfi (Lega Nord) nel suo intervento – perché il 90% della produzione delle armi italiane è destinato all’esportazione con una fatturato di 250 milioni di Euro, 108 imprese e oltre 3 mila addetti concentrati in Val Trompia in provincia di Brescia”.

 

Il regolamento Ue stabilisce le norme che disciplinano l'autorizzazione all'esportazione e le misure di importazione e transito per le armi da fuoco, componenti essenziali e munizioni, ai fini dell'attuazione del protocollo delle Nazioni Unite contro la fabbricazione e il traffico illeciti. “Il regolamento ha una complessa istruttoria – ha precisato Fabio Rolfi – che è passata da 16 a 86 pagine. In altri stati europei l’applicazione del regolamento non è stata cosi immediata e restrittiva, creando un regime di disparità anche a scapito delle aziende e degli artigiani italiani”.

''Noi difendiamo i lavori socialmente utili, non quelli che uccidono'' – ha detto nel suo intervento il consigliere Giampietro Maccabiani (M5S) –questa mozione, che chiede che la regione intervenga presso il Governo per sburocratizzare e quindi favorire il commercio di armi, è chiaramente scritta per favorire le lobby degli armigeri”.

 

IL DIBATTITO IN AULA

Fabio Rolfi (Lega Nord): "Mi ritengo soddisfatto per l'approvazione di questa mozione che mette in evidenza un problema di carattere economico importante, che riguarda oltre 100 aziende nella sola Val Trompia e i relativi 3000 dipendenti. Vorrei sottolineare due aspetti: in primo luogo si parla di armi da caccia, ad uso sportivo e per difesa personale, che nulla hanno a che fare con le armi da guerra. In secondo luogo è bene tenere a mente le cifre: il 90% di questi prodotti è destinato all'esportazione. È bene specificare poi che la vendita di armi civili si attiene ad una severa regolamentazione che prevede la conoscenza da parte delle autorità italiane dei singoli dati dell'acquirente, anche se straniero, nonché l'acquisizione di un'approfondita serie di informazioni e documentazioni. Sfortunatamente, a causa del recepimento frettoloso da parte del nostro Governo di un regolamento europeo, l'iter burocratico si è complicato a dismisura portando dalle precedenti 12 pagine necessarie di documentazione, alle attuali 87. Inoltre le Questure sono state private di qualsiasi potestà decisionale, demandando tutte le autorizzazioni necessarie al solo Ministero dell'Interno, causando quindi un forte rallentamento nella gestione delle pratiche. La somma di tutto ciò sta portando a pesantissime ricadute sull'intero settore, favorendo altri paesi esportatori e mettendo a rischio le commesse in essere, l'indotto e di conseguenza l'occupazione stessa".

Mauro Parolini (NCD): "Chiediamo che vengano eliminati gli inutili appesantimenti burocratici, senza che vengano meno le necessità di controllo previste per legge. Non possiamo permettere che l'eccesso di burocrazia sia usato come strumento surrettizio per impedire qualcosa che lo Stato, attraverso specifiche normative, consente di fare. Le modalità con cui è applicato in Italia il regolamento CE 285/2012 introducono un accumulo di oneri burocratici che rischiano di mettere in gravi difficoltà un importante settore produttivo regionale e nazionale, che conta oltre 100 imprese e 3 mila addetti nella sola Lombardia. Lo snellimento burocratico non è affatto sinonimo di abolizione dei controlli, tanto che il testo della mozione precisa, su mia richiesta, che l'obiettivo di ridurre il gravame burocratico non limita le dovute necessità di controllo. Se qualcuno è contro la produzione di armi in Italia è legittimo che lo dica nelle forme consentite, ma la mozione votata in Aula affrontava tutt'altro tema: la difesa di un'attività regolamentata dallo Stato da un inutile appesantimento burocratico che di fatto la mette a rischio".

Stefano Bruno Galli (Maroni Presidente): "Esprimiamo pieno appoggio al documento ribadendi che qui non stiamo parlando di armi da guerra ma di armi sportive e di fucili da caccia, per cui siamo conosciuti in tutto il mondo”.

Alessandro Sala (Maroni Presidente): “Ho chiesto con un apposito emendamento che gli uffici periferici delle Questure possano avere più personale in modo da diminuire la tempistica per il rilascio delle licenze. Oggi non è facile la vendita di armi sportive perché se pensiamo che i produttori devono preparare 80/90 pagine per esportare un fucile da caccia, credo che questa sia una super-burocrazia. Aboliamo questa burocrazia nel rispetto dei regolamenti".

Gianantonio Girelli (PD) e Fabio Pizzul (PD): “È ora di finirla con la strumentalizzazione di problemi seri a puro uso di interesse di partito. La mozione di Rolfi sulle “iniziative finalizzate a snellire le pratiche burocratiche necessarie per l’esportazione di armi, sulla base delle nuove normative introdotte dal regolamento n.258 del 2012 approvato dal Parlamento europeo”, oltre che essere del tutto imprecisa dal punto di vista formale e basata su elementi e dati non verificati, non tiene minimamente conto del confronto in atto tra i produttori del settore delle armi e il governo su una corretta applicazione dei regolamenti europei. Per questo abbiamo votato contro questa mozione.
Rimane fondamentale distinguere un vero contrasto alla burocrazia (e da qui è nata la nostra richiesta di rinviare allo specifico gruppo di lavoro gli approfondimenti sul tema) e una riflessione sulla produzione di armi in territorio italiano e lombardo. E’ un tema da affrontare con serietà, attraverso la distinzione tra armi sportive(quelle usate alle Olimpiadi o per l’esercizio della caccia), armi civili date in uso alle forze di polizia, armi civili messe su libero mercato e armi da guerra. Crediamo siano settori che esigano impostazioni normative e divieti del tutto particolari. Non devono e non possono essere banalizzati all’interno di una mozione di pura propaganda, di estrema disinformazione e di semplice finalità mediatica. E’ ora che in Regione Lombardia la maggioranza, invece che populismo di basso profilo, metta in campo azioni vere, in aiuto a un’economia in difficoltà che ha bisogno di competenza, chiarezza e fatti concreti, non di una ininterrotta campagna elettorale”.

Umberto Ambrosoli (Patto civico) ha criticato la ''superficialità''' con cui è stata predisposta la mozione.

Giampietro Maccabiani (M5S) : “Il commercio delle armi cosiddette "civili" è in crescita, i fatturati aumentano, chiediamoci perché. Perché i conflitti sono in continuo aumento. Più armi da fuoco produciamo, più conflitti e repressione dei governi ci saranno. Un circolo vizioso che dobbiamo spezzare. Diciamo no a qualunque tipo di favore o sburocratizzazione ai commercianti di armi. La mozione ha un chiaro interesse lobbistico che va a favorire chi costruisce strumenti di morte. Il Movimento 5 Stelle ha enorme interesse a difendere il lavoro utile e il commercio utile, ma non il mercato delle armi che va disincentivato in tutti i modi. E i regolamenti europei vanno rispettati. Questa mozione, che chiede che la regione intervenga presso il Governo per sburocratizzare e quindi favorire il commercio di armi, è chiaramente scritta per favorire le lobby degli armigeri e non va nella direzione di fare gli interessi concreti della collettività e i cittadini. Per noi chi produce armi avrebbe bisogno di maggior controllo e burocrazia, altro che di favori. Una mozione totalmente fuori luogo, in quanto chiede di intervenire per modificare normative nazionali di recepimento di un regolamento comunitario, ma, come tutti dovrebbero sapere, i regolamenti vanno applicati come sono e non ci sono normative di recepimento, come per le direttive. Quindi chiede il nulla! Ci piacerebbe sapere che cosa direbbe il Cardinal Scola, invitato da questo consiglio, di questo atto ignobile”.

Silvana Carcano (M5S)“Le armi portano violenza e guerra e finiscono per essere vendute in paesi repressivi. Armi per uso civile bresciane sono state trovate in Siria. Sappiamo bene per che cosa sono utilizzate. Il commercio di armi favorisce il prolungamento dei conflitti, promuove la cultura della violenza e contrasta i processi di pace. Il settore della vendita di armi è impregnato di corruzione. La casta a sostegno della mozione, dice di voler sostenere il lavoro. Perché in Consiglio non si è chiesta la sburocratizzazione di settori come il turismo o il non profit? Questa mozione è un inchino alle lobby delle armi. Non ci ha sorpreso la spaccatura del PD regionale che ha votato in parte a favore e in parte contro la mozione. Tomasi ha espresso tutto il suo amore per le armi in un aulico discorso a favore della loro costruzione definendo la protesta del Movimento 5 Stelle una sceneggiata demagogica. Peccato che sulla cultura della pace il Partito democratico abbia dato testimonianza di pericolosissimi cedimenti”.

Alessandro Sorte (FI) ha ribadito che si tratta ''di un provvedimento necessario per difendere l'eccellenza delle nostre imprese e dei nostri artigiani''.

Riccardo De Corato (Fratelli d’Italia) “Per l’Italia l’esportazione di armi (le imprese produttrici di armi, munizioni e componentistica sono più di 400) rappresenta un giro d’affari attorno a 15 miliardi di euro e lavoro per circa 50 mila persone. Si tratta prevalentemente di imprese medio/piccole (se si escludono un paio di grandi realtà conosciute a livello mondiale), che in gran parte hanno sede produttiva in Val Trompia (Brescia), dove viene realizzato il 50% circa del fatturato di settore. Gli occupati sono circa 11 mila e grazie alla elevata qualità del prodotto, alla forte specializzazione e alla vocazione all’export il settore non registra i picchi di flessione. Siamo al paradosso: Stati, Regioni e Comuni sono impegnati nell’opera di semplificazione e l’Europa invece emana direttive che spesso vanificano quanto fatto dagli Stati sovrani. Esempio è la direttiva Ue 258, che prevede che il rilascio dei nulla osta venga regolamentato da un ufficio presso il Ministero. Proprio questo ufficio romano, istituito solo sulla carta ma non ancora operativo, ha creato un danno economico quantificabile in 15 milioni di euro alla settimana per una terra, la Valtrompia, che vive di produzione di armi e che esporta all’estero il 90% della merce. Noi vogliamo un’Europa amica delle nostre industrie e non matrigna per alcune”.