Oggi, 146 anni fa esatti, il 22 maggio 1873, moriva a Milano Alessandro Manzoni, considerato uno dei più grandi letterati del nostro Paese, nonché ‘padre’ della lingua italiana moderna. Nato sotto la Madonnina , figlio di Don Pietro Manzoni e Donna Giulia Beccaria, figlia di Cesare, celebre autore del trattato ‘Dei delitti e delle pene’, nel 1791 entra nel collegio dei Somaschi a Merate, dove rimane fino al 1796, anno in cui viene ammesso presso il collegio dei Barnabiti.
Dal 1801 abita col padre a Milano, ma nel 1805 si trasferisce a Parigi, dove a quel tempo invece risiedeva la madre insieme con il suo compagno, Carlo Imbonati (lo stesso a cui Giuseppe Parini, aveva dedicato l'ode ‘L’educazione’), morto poi in seguito quello stesso anno. Proprio in suo onore, in segno della stima che gli portava, Manzoni compone il carme ‘In morte di Carlo Imbonati’. A Parigi rimane fino al 1810 e si accosta, stabilendo anche forti amicizie, all'ambiente degli ideologi, che ripensavano in forme critiche e con forti istanze etiche la cultura illuminista.
Rientrato a Milano nel 1807, incontra e si innamora di Enrichetta Blondel, con la quale si sposa con rito calvinista e dalla quale avrà negli anni ben dieci figli (otto dei quali gli morirono tra il 1811 e il 1873). Il 1810 è l'anno della conversione religiosa della coppia: il 22 maggio Enrichetta abbraccia la fede cattolica e, tra l'agosto ed il settembre, il Manzoni si comunica per la prima volta. Dal 1812 lo scrittore compone i primi quattro ‘Inni Sacri’, che verranno pubblicati nel '15; l’anno seguente inizia la stesura de ‘Il conte di Carmagnola’.
Nei due decenni successivi (all'incirca fino al '38-'39) scrive moltissimo. Compone, tra gli altri, ‘la Pentecoste’, le ‘Osservazioni sulla morale cattolica’, la tragedia ‘l’Adelchi’ le odi ‘Marzo 1821’ e ‘Cinque maggio’, le ‘Postille al vocabolario della crusca’ ed avvia la stesura del romanzo ‘Fermo e Lucia’, uscito poi nel 1827 col titolo ‘I promessi sposi’ (ma la cui seconda e definitiva stesura avverrà nel 1840, con la pubblicazione a dispense corredata dalle illustrazioni del Godin).
Il lungo lavoro di stesura del romanzo si caratterizza sostanzialmente per la revisione linguistica, nel tentativo di dare un orizzonte nazionale al suo testo, orientandosi sulla lingua ‘viva’, cioè parlata dai ceti colti della Toscana contemporanea. Per questo si recò a Firenze nel 1827 allo scopo di ‘risciacquare i panni in Arno’.
Nel 1833 muore la moglie, ennesimo lutto che getta lo scrittore in un grave sconforto. Passano quattro anni e nel 1837 si risposa con Teresa Borri. La tranquillità familiare, però, è ben lungi dal profilarsi all'orizzonte, tanto che nel 1848 viene arrestato il figlio Filippo: è proprio in questa occasione che scrive l'appello dei milanesi a Carlo Alberto. Tra il '52 e il '56 si stabilisce in Toscana. La sua fama di letterato, di grande studioso e interprete della lingua italiana si andava sempre più consolidando e i riconoscimenti ufficiali non si fanno attendere, tanto che nel 1860 ha il grande onore di essere nominato Senatore del Regno.
Accanto a questa soddisfazione segue sul piano privato un altro incommensurabile dolore: appena un anno dopo la nomina, perde la seconda moglie. Nel 1862 viene incaricato di prendere parte alla Commissione per l'unificazione della lingua e sei anni dopo presenta la relazione ‘Dell'unità della lingua e dei mezzi per diffonderla’.
il 6 gennaio cadde battendo la testa su uno scalino all'uscita dalla chiesa di San Fedele di Milano procurandosi un trauma cranico. Manzoni si accorse, già dopo qualche giorno, che le sue facoltà intellettive cominciavano lentamente a scemare, fino a cadere in uno stato catatonico negli ultimi mesi di vita. Quasi un mese dopo, il 22 maggio alle ore sei e quindici del pomeriggio, spirò per una meningite contratta a seguito del trauma. Il corpo fu poi imbalsamato da sette medici incaricati del processo da parte del Comune di Milano tra il giorno 24 e il 27 maggio. Ai solenni funerali, celebrati in Duomo il 29, parteciparono le massime autorità dello Stato, tra cui il futuro re Umberto I, il ministro degli Esteri Emilio Visconti Venosta e le rappresentanze della Camera, del Senato , delle Province e delle Città del Regno. Per la sua morte Giuseppe Verdi compose la ‘Messa da Requiem’.