Non è una guerra ma “una sfida con la natura”. Un virus, un altro essere vivente diverso da noi, che per sopravvivere divide “et impera”, cancellando gli scambi, la socialità e la convivenza e che vorrebbe separare gli uni dagli altri. “Ma l’umanità ha una grande forza: quella di trovare forme nuove e diverse di coesione sociale, nuovi modi di creare relazioni e non perdere il contatto con le altre persone, facendo squadra, facendo gruppo, condividendo emozioni e pensieri. Il nostro antidoto sociale è la solidarietà”. A dirlo è il professor Fabio Sbattella, Docente di Psicologia dell‘emergenza presso la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano (da noi interpellato telefonicamente) ed esperto nell’assistenza a popolazioni colpite da catastrofi naturali, come per il terremoto in Abruzzo e la Valtellina. Da alcuni giorni la sue équipe è di supporto alla centrale AREU.
Professore, cosa stiamo vivendo a livello di emozioni?
Siamo in una situazione di emergenza che, per sua definizione, si nutre di incertezza, con cui peraltro si può convivere. Quello che stiamo vivendo, tutti insieme come società, è un fenomeno nuovissimo. Stiamo esplorando mondi nuovi e siamo tutti travolti dalla novità. Virus ed epidemie non sono nuovi nella storia, la risposta sociale non è nuova ma ora li stiamo vivendo in una iperconnessione tecnologica che rende estremamente rapidi fenomeni che una volta accadevano molto più lentamente e sgranati nel tempo. E ciò porta a una serie di cortocircuiti tra le categorie di persone che interagiscono sulla scena: gli scienziati; chi ha responsabilità decisionali, i politici; i comunicatori e i cittadini, che hanno un ruolo molto attivo. Tutti iperconnessi e, complice la velocità di circolazione delle informazioni, un fremito in uno di questi àmbiti si propaga e si amplifica negli altri. Ciò crea affanno e disorientamento. E’ come si fossimo tutti in un reality scientifico.
Infatti, l’aggettivo più frequente per descrivere la situazione è “Surreale”. Cosa indica?
Proprio perchè è una esperienza nuova e dinamica le persone si rifanno alla loro dimensione onirica, ai film catastrofistici che presentano appunto situazioni, magari realmente avvenute, ma comunque irreali.
Come se ne esce? Cosa ci può aiutare?
Innanzitutto è aumentata la cultura della sicurezza e della prevenzione, ci sono persone che si assumono responsabilità decidendo strategie molto cautelative e prudenziali. La maturazione di questa cultura è un bene. L’importante però è affidarsi sempre a informazioni certe e verificate e in questo il social media non sempre aiutano.
Come nel caso della diffusione virale di messaggi fuorvianti…
Sì una follia l’assalto ai supermercati. Ma per me è molto più interessante la riposta composta, partecipata e solidale che complessivamente le comunità stanno esprimendo anche di fronte a limitazioni importanti, davvero eccezionali, delle libertà personali e di alcuni diritti fondamentali, come la libertà di movimento, il diritto all’istruzione, la libertà di culto. Una situazione davvero straordinaria, anche dal punto di vista etico, giuridico che trova la propria giustificazione di fronte a una minaccia davvero importante. Restrizioni gravissime, normalmente inaccettabili, che i cittadini affrontano, anche sulla base di una paura, ma anche in nome di un bene comune superiore, la salute di tutti. Di fronte al senso di impotenza verso la sfida che ci lancia la natura, alla tentazione di mettere la testa sotto la sabbia e di pensare che sia un problema che non ci riguarda, dobbiamo mantenere alta la nostra umanità, assumendoci la responsabilità di fare, ciascuno per quanto gli compete, tutto quello che si può fare per frenare il contagio.
Come ad esempio accettare la quarantena. Che consigli ci può dare per affrontarla in modo sano?
E’ importante mantenere una organizzazione temporale alla propria giornata. Sicuramente con meno affanno e più calma è necessario scandire le proprie attività lungo l’arco delle 24 ore, evitando quella sensazione di tempo indifferenziato, inventandosi un tempo umano per ogni attività.
Sanità ed economia sono duramente messi alla prova dal coronavirus. Come aiutare poi la ripresa?
Sicuramente occorrerà aumentare la protezione psicologica degli operatori sanitari e dei medici che oltre allo stress della situazione devono continuamente fare i conti con il mancato riconoscimento sociale delle loro fatiche e del carico di responsabilità. Più delicato l’impatto sull’economia perché mette a rischio proprio l’infrastruttura, l’impalcatura della vita sociale, come nel caso di un terremoto. Occorrerà molta manutenzione mentale delle persone.
Superata la fase dell’emergenza-contagio, quale sarà lo scenario?
Purtroppo le ricadute economiche colpiranno maggiormente le fasce deboli della popolazione, aumenterà la conflittualità all’interno delle famiglie, come già in questi giorni di coabitazione forzata di tutti i componenti, non sempre facile. Ma mi aspetto anche, come già avvenuto in seguito ad altre condizioni di emergenza, un aumento delle nascite, una rivalsa della vita sulla morte.