Come cambiano le nostre vite: l’esplosione dello Smart-Working

Lo smart-Working, prestazione lavorativa in un orario di lavoro giornaliero definito, senza vincoli di tempo e di luogo, sta rivoluzionato il nostro vivere sociale. Nel mondo del lavoro, pur gradualmente in atto da tempo insieme al telelavoro, questo cambiamento si è improvvisamente accelerato a causa dell’emergenza Covid-19 che in questo trimestrecome uno tsunamiha stravolto la società ed ora sta ri-modulando il lavoro in tempi e forme diverse, aprendo nuove prospettive all’interno della Pubblica amministrazione come nel settore privato. La situazione emergenziale ha rapidamente esteso questa modalità di lavoro. Da un lato, la versatilità al cambiamento tipica delle nostre imprese, dall’altro l’emergenza che di fatto ha esautorato la fase di sperimentazione per accedere immediatamente a quella esecutiva. Una necessità da cui trarre virtù, sia per conciliare al meglio l’attività professionale con i vari aspetti della vita sociale, sia per affrontare i nuovi cambiamenti in atto in tutti i settori strategici, in particolare della sanità, della tutela ambientale, della mobilità urbana e dei trasporti pubblici. In questa fase, per fronteggiare l'emergenza Coronavirus, Regione Lombardia ha stanziato 4,5 milioni di euro per promuovere nelle imprese lombarde un modello organizzativo che “consente – si legge nell'avviso – una maggiore flessibilità per quanto riguarda il luogo e i tempi di lavoro”.

Nell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del coronavirus, la pubblica amministrazione ha puntato sul lavoro agile e a distanza per garantire i servizi indispensabili ai cittadini e partecipare attivamente al contenimento dell’infezione, attraverso l’isolamento e il distanziamento sociali. Lo smart-working, infatti, è esplicitamente incentivato e semplificato da tutti i decreti adottati dal Governo e con la sua estensione a tutto il territorio nazionale, oltre alla pubblica amministrazione, sono state diverse le aziende che hanno optato per il lavoro agile dei propri dipendenti anche a scapito delle loro scarse entrate, non sufficienti a compensare le più consistenti perdite economiche in termini di fatturato. La P.A., socchiusa la prima fase dello smart working, apre a questa nuova modalità di lavoro anche in funzione dell’avviata Fase 2. Del resto, l’obiettivo che si poneva la legge Madia 124/2015, ribadito dalle linee guida con legge 8/2017 della Presidenza del Consiglio, era di far lavorare in smart-working il 10% per cento dei dipendenti pubblici entro il 2020.

Sulla scia della crescente attenzione per il lavoro “agile a distanza”, secondo i risultati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, il 58% delle grandi imprese ha già introdotto iniziative concrete. Tra i risultati più interessanti dell’ultimo anno emerge l’aumento della diffusione dello smart working nelle PMI italiane: i progetti strutturati sono passati dall’8% al 12% attuale, quelli informali dal 16% al 18%. A fronte di ciò, tuttavia, la percentuale di imprese disinteressate al tema è cresciuta in modo preoccupante, passando dal 38% al 51%. Anche la PA nell’ultimo anno ha fatto passi in avanti verso un modello di lavoro “smart”: oggi il 16% delle pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di lavoro agile (nel 2018 era l’8% e nel 2017 il 5%), l’1% ha attivato iniziative informali e un altro 8% prevede progetti dal prossimo anno. Il 76% degli smart worker è soddisfatto del proprio lavoro, contro il 55% degli altri dipendenti. Uno su tre è pienamente coinvolto nella realtà in cui opera, rispetto al 21% di chi lavora in modalità tradizionale. Anche il 12mo rapporto “Il lavoro a Milano” realizzato da Assolombarda insieme a Cgil, Cisl e Uil nel 2017-18, aveva aperto ampi spazi su più fronti. A Milano, infatti, un’azienda su due già adottava lo smart working; 300mila (l’8% della popolazione occupata) erano i lavoratori coinvolti; il 43% delle aziende di medie-grandi dimensioni lo utilizzavano; circa il 21% lo utilizzava nelle piccole-medie imprese. Se Milano è un esempio in Italia, resta ancora indietro nel confronto con gli altri paesi europei, dove la media è del 18%: in Francia i lavoratori impiegati con smart wroking sono il 24%, in Germania il 13% mentre Spagna il 12%. Dati che aiutano a capire andamento e ricadute anche in relazione ai tassi di occupazione e disoccupazione che in Lombardia si andranno a “stimare” nel confronto tra pre e post epidemia.