Promuovere una maggiore uniformità nei criteri di valutazione, rafforzare le misure di controllo e la piena applicazione delle disposizioni antimafia anche in ambito edilizio e assicurare coerenza tra normativa, modulistica e portale SUE (Sportello Unico per l’Edilizia). Sono alcune delle indicazioni che emergono dal monitoraggio sulle sanatorie edilizie promosso dalla Commissione Speciale Antimafia e realizzato dal Comitato Tecnico Scientifico in materia di contrasto e prevenzione dei fenomeni di criminalità mafiosa.
“La Commissione propone una serie di azioni concrete -sottolinea la Presidente della Commissione Paola Pollini-. Anzitutto, è necessario chiarire a livello normativo che i controlli antimafia devono essere applicati a tutte le forme di sanatoria edilizia, comprese SCIA e CILA. Inoltre, è urgente promuovere una formazione adeguata per i funzionari comunali, al fine di garantire uniformità nell’applicazione delle procedure. Infine, si suggerisce un intervento tecnico sul Portale SUE, affinché l’interfaccia digitale attualmente in uso supporti e solleciti l’integrazione delle verifiche antimafia nelle fasi istruttorie. Le sanatorie edilizie non devono trasformarsi in uno strumento di legittimazione. Serve ora un impegno concreto per costruire una pubblica amministrazione più consapevole, capace di difendere il territorio anche nei dettagli amministrativi”.
Lo studio, riferito al quadriennio 2020-23, si è posto l’obiettivo di capire se, nei procedimenti di sanatoria edilizia, i Comuni lombardi effettuano i necessari controlli sui requisiti soggettivi dei richiedenti per evitare che soggetti con condanne per mafia o riciclaggio possano beneficiare di questo tipo di provvedimenti. La normativa richiamata nel monitoraggio si riferisce ai Permessi di Costruire in sanatoria, tralasciando altri due strumenti edilizi utilizzati per regolarizzare alcuni abusi edilizi: la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) e la CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata).
I Comuni lombardi coinvolti sono stati 219: di questi 161 Comuni hanno ricevuto richieste di sanatoria edilizia, mentre 58 Comuni non hanno ricevuto alcuna richiesta.
Tra i 161 Comuni che hanno ricevuto almeno una richiesta di sanatoria, risulta che 144 (pari all’89,44%) non hanno effettuato alcuna verifica, 13 (pari all’8,07%) hanno attivato diverse verifiche basate sulla consultazione di banche dati, sulla notorietà pubblica del richiedente e sulla richiesta dei carichi pendenti presso la Procura competente, 4 (pari al 2,48%) hanno adottato un sistema di controllo a campione, segnalando così un approccio più selettivo ma non sistematico.
In merito alle richieste dei certificati, 106 Comuni (pari al 65,84%) non hanno acquisito alcuna certificazione da allegare alle pratiche di sanatoria, 33 (pari al 20,5%) hanno raccolto un’autocertificazione firmata dai richiedenti e 7 (pari al 4,35%) hanno richiesto e acquisito il certificato del casellario giudiziario o un’attestazione equivalente. Sono 15 i Comuni che non hanno risposto a questa specifica domanda.
I dati raccolti confermano una generale assenza di controlli strutturati da parte della stragrande maggioranza dei Comuni lombardi. Meno del 5% dei Comuni ha seguito letteralmente quanto previsto dalla normativa (D.L. 269/2003) ovvero l’acquisizione formale del casellario giudiziario per escludere soggetti condannati per mafia e reati di riciclaggio. La maggioranza degli Enti (oltre il 65%) si è affidata a forme di autocertificazione.
Tutte le 12 province della Lombardia risultano rappresentate dai 219 Comuni con la seguente distribuzione: Brescia: 40 Comuni – 18,26%; Milano: 31 Comuni – 14,16; Bergamo: 28 Comuni – 12,79%; Varese: 24 Comuni – 10,96%; Pavia: 20 Comuni – 9,13%; Lecco: 19 Comuni – 8,68%; Como: 12 Comuni – 5,48%; Cremona: 12 Comuni – 5,48%; Sondrio: 10 Comuni – 4,57%; Mantova: 9 Comuni – 4,11%; Monza e Brianza: 7 Comuni – 3,20%; Lodi (LO): 7 Comuni – 3,20%.