La Ca’ del Diaul. La leggenda di una singolare immunità a Milano

Porta Romana 3, a Milano. Lì abitava Ludovico Acerbi, marchese di Cisterna, che vi si era trasferito nel 1615 da Ferrara su incarico  del governo spagnolo.
Intorno alla  casa che era appartenuta al conte di San Secondo, Pietro Maria Rossi, il popolo percepiva un’atmosfera strana. Acerbi pare fosse pallidissimo, portava una “mefistofelica” barba nera, la sua carrozza era trainata da sei cavalli neri e scortata da sedici staffieri molto giovani, in livrea verde dorata. Con le parole di un cronista dell’epoca, “l’inquilino” del 3 di Porta Romana era  “Di anni cinquanta  circa con barba quadra et longa, né magro né grasso, né bianco né nero. Comparisce ogni giorno in carrozza superbissimo con sedici staffieri giovani, sbarbati, vestiti di livrea verde dorata et con assai copia di gioie e sei cavalli tirano la sua carrozza” .

Lo stile di Palazzo Acerbi è il barocco lombardo di quel periodo, abbastanza sobrio all’esterno, ma l’interno dell’abitazione, secondo il gusto del suo eccentrico nuovo proprietario, era improntato ad una certa ostentazione e conteneva arredi di grande pregio e un giardino interno con piante esotiche.

Acerbi – come d’altronde era solito fare anche  Kant, ( sulla cui passeggiata si dice che la gente di Königsberg sincronizzasse gli orologi)  – usciva tutte le sere alla stessa ora, sul far del tramonto, sempre con la sua carrozza così scenograficamente equipaggiata, come racconta anche la storica Attilia Lanza (autrice, con Marilea Somarè, di “Milano, andar per cortili”, Meravigli edizioni).

L’impressione che Acerbi fosse il Diavolo in persona si consolidò fra i milanesi durante la peste.
Il gentiluomo aveva infatti fatto restaurare il Palazzo proprio all’inizio dell’epidemia, nel 1630. Non solo Acerbi non fuggì dalla città assediata dal morbo, come fece invece la maggior parte dei nobili e dei borghesi abbienti di Milano,  ma le cronache raccontano che desse ogni sera splendide feste nel suo salone da ballo, appena decorato a fresco, mirabilmente, come per accogliere con tutti gli onori “l’oscura signora” che mieteva vittime in città.
Dalle stanze di Porta Romana 3, nel silenzio pesante della città sofferente,  provenivano la musica, le grida e le risa di Acerbi e dei suoi ospiti. E, cosa singolare ed ancor più inquietante, si riporta che nessuno dei suoi ospiti fu mai contagiato.

Questa la leggenda. Chi fosse l’abitante di Palazzo Acerbi durante la peste resta comunque controverso, anche grazie ad una probabile omonimia  con un Ludovico Acerbi, senatore e magistrato, morto il 24 aprile del 1622, secondo il Dizionario biografico degli italiani illustri della Treccani.
L’impressione che si ricava da questo particolare incrocio di leggende, testimonianze e reperti anagrafici incerti, in una città che si puo immaginare fosse al collasso, è che sul palazzo di Corso di Porta Romana 3 aleggiasse comunque  una singolare protezione.

La particolare “immunità” di quella che veniva chiamata la  Cà del diàul sembrerebbe confermata anche dagli eventi del 1848, quando si salvò dalla bombarda austriaca (l’edificio conserva una palla di cannone conficcata nella facciata) e da quelli del secolo scorso, quando di nuovo fu risparmiato dai bombardamenti americani del 1943.

Diavolo o non diavolo, Porta Romana 3 è sicuramente  un punto della città carico e suggestivo, che allude alla impossibilità per l’essere umano di spiegare con i soli strumenti della razionalità  tutto ciò che accade sotto il suo cielo.