Ambiente: anche in Lombardia zone aride. Perché è una buona notizia (da tutelare)

La prima notizia, che solo apparentemente suona come negativa, è che anche in Lombardia, esistono zone aride. La seconda notizia, anch’essa paradossale, è che queste aree – per lo più praterie e brughiere con suoli sabbiosi o ghiaiosi – sono, in realtà, habitat naturali importantissimi per l’ecosistema. Purtroppo, però, e qui suona il campanello d’allarme, la loro bio diversità è messa a rischio da diversi fattori, tra cui le attività antropiche, il consumo di suolo, l’incuria e l’inquinamento. Ma, e questa è la terza, ottima notizia, la loro tutela è al centro di un progetto, ideato e condotto dal Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia, che intende ripristinare gli habitat delle zone aride a rischio in Pianura Padana, elaborando linee guida per la loro conservazione e futura gestione.

L’avanzamento degli interventi previsti dal progetto LIFE Drylands  è stato al centro del Convegno “Io abito, tu abiti, egli Habitat” coordinato dalla professoressa Silvia Assini, dell’Università di Pavia, responsabile scientifico del progetto, che si è tenuto su piattaforma digitale giovedì 17 aprile, data della Giornata Mondiale della Terra, dedicata nell’edizione 2021 al tema del “Restore our Earth- Ripristinare il nostro Pianeta”.   

E proprio il restauro ambientale, è l’obiettivo degli interventi territoriali promossi dal progetto, che in Lombardia riguarda i Boschi della Fagiana, Riserva Naturale all’interno del Parco Regionale Lombardo della Valle del Ticino, e due Zone Speciali di Conservazione nel Comune di Somma Lombardo, la Brughiera del Dosso e la Brughiera del Vigano.

Il progetto, finanziato dall’Unione Europea con 1,3 milioni di euro e cofinanziato da Fondazione Cariplo, si intitola “Restauro delle praterie e delle brughiere xero-acidofile continentali in siti Natura 2000 del Piemonte e della Lombardia” è attuato assieme a una rete di partner che comprende la Rete degli Orti Botanici della Lombardia, l’Università di Bologna e diversi enti parco. Regione Lombardia, che non opera direttamente nell’ambito del progetto Drylands, attua però delle sinergie con il progetto GESTIRE2020, che  prevede anch’esso azioni di rispristino di habitat a brughiera.

“Le zone aride sono poco note al grande pubblico: non adatte alle attività agricole, spesso sono abbandonate oppure, se tutelate, sono poco apprezzate dai fruitori dei parchi – ha spiegato la professoressa Silvia Assini-. Eppure, per chi le conosce, nascondono risorse e bellezza. Oggi gli habitat delle zone aride sono minacciati, sia per la perdita e la frammentazione dovute alle attività antropiche, sia per l’incuria e l’inquinamento, e molte delle specie vegetali e animali sono a rischio. Il progetto LIFE Drylands promuove azioni di ripristino di questi habitat sia in ambito istituzionale che sul campo, ma occorre anche sensibilizzare il pubblico riguardo alla necessità di tutelare la biodiversità delle zone aride.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare circa gli effetti dei cambiamenti climatici, che comportano minori precipitazioni e aumento delle temperature medie, non sia ha un aumento delle zone aride. Anzi, in generale, negli ultimi 50 anni, gli habitat aridi lombardi si sono ridotti, a causa dell'abbandono e della ricolonizzazione da parte di specie legnose, sia native, sia alloctone. Così, al posto di prati, dune di sabbia tipiche della zone golenali, erbe e arbusti – tra cui il Brugo  da cui deriva appunto il nome brughiera, zona arida, pianeggiante, con un terreno spesso argilloso o sabbioso, tipica della Pianura Padana – si possono trovare foreste di conifere, o altre specie “aliene” molto invasive. Alcune di queste (la robinia, l’amorfa, il ciliegio tardivo, la quercia rossa, etc) sono tra noi da secoli, ma devono essere limitate e contenute per preservare le specie native. Le zone aride, infatti, svolgono anche importanti funzioni nell’eco sistema, per esempio, trattenendo l’acqua, oppure contribuendo alla fissazione del Carbonio e dell’Azoto. E così, nel sottobosco si assiste a una vera a battaglia tra specie diverse. Una situazione che rischia di impoverire l’habitat autoctono, che risulta più vulnerabile a eventi estremi, quali ad esempio bombe d’acqua, ondate di calore, inondazioni.

Una perdita che riguarda non solo le piante ricche di principi attivi, come l’iperico, il timo e alcuni licheni e muschi, o anche le specie erbacee, ideali per aiuole e giardini in città, ma anche animali, soprattutto farfalle, formiche e tutti gli insetti inseminatori, che si cibavano di tali piante.

Le azioni di tutela e gestione delle zone aride, promosse dal progetto LIFE Drylands, coinvolgono anche le attività agricole e la formazione degli operatori dei parchi naturali, in un’ottica di sostenibilità. Si crea così una sinergia tra esigenze ambientali, produttività, nuovi sbocchi lavorativi, in quell’ottica di “ecologia integrale” lanciata e sostenuta da Papa Francesco