Sostenibilità ambientale, sostenibilità economica e sostenibilità sociale: sono questi i tre percorsi inscindibili alla base della ricerca sull’inquinamento dell’aria da fonte agricola, realizzata in collaborazione tra Consiglio regionale e Dipartimento di scienze sociali e politiche dell’Università degli Studi nell’ambito di una missione valutativa delle politiche regionali promossa dal Comitato Paritetico di Controllo e Valutazione.
La ricerca, contenuta in un corposo volume curato dai professori Roberto Pedersini e Gloria Regonini, è stata presentata oggi in una riunione congiunta tra CPCV e Commissione Ambiente, presieduta da Alessandro Cantoni (Lombardia Ideale) e da Claudio Mangiarotti (FdI).
Il tema della bassa qualità dell’aria viene definito “enorme e complesso”, soprattutto perché riferito a un’area come la pianura padana, soggetta a ristagno d’aria e con diverse caratteristiche negative. All’interno del fenomeno inquinamento, i cui valori stanno comunque rivelando negli ultimi tempi un trend in leggero miglioramento, è stato dunque analizzato in particolare l’apporto della zootecnia, che comunque non risulta essere la principale fonte di inquinamento dell’aria.
Considerando tutto il territorio regionale, il contributo dell’agricoltura alla formazione del particolato si attesta attorno al 7%, ma questo dato nasconde il punto di grande criticità rappresentato dai picchi negativi che si verificano in alcune province (Mantova, Cremona, Brescia, Bergamo), dove si concentra la produzione zootecnica. La ricerca sottolinea inoltre che, a fronte di una sensibile diminuzione in Italia delle emissioni di gas serra dal settore agricolo (prodotte per il 72% dall’allevamento e per il 22% dai fertilizzanti), negli ultimi trenta anni in Lombardia il calo è stato soltanto del 7%.
E’ la conseguenza della rilevanza e delle dimensioni del settore agricolo in Lombardia, regione che produce il 17% dei cereali italiani, il 40% del latte bovino e ha il 40% delle risaie. Notevoli le dimensioni del comparto: in Lombardia esistono 47 mila aziende agricole (oltre 37 mila a carattere familiare o individuale), si allevano circa 1 milione e mezzo di capi bovini (il 25% del totale nazionale), si macellano oltre un quinto dei bovini nazionali e si contano 4 milioni e mezzo di suini (il 50% del totale nazionale). E da qualche anno il numero dei capi di bestiame è in aumento.
Si tratta dunque di una realtà determinante per l’economia regionale e nazionale, un settore da monitorare con attenzione ai fini dell’obiettivo della sostenibilità ambientale e per promuovere interventi in grado di evitare nello stesso tempo possibili danni alla salute, all’economia e all’attrattività dei territori. Per questo motivo è stato varato il Piano Regionale degli Interventi per la qualità dell’aria (PRIA), con provvedimenti che dovrebbero portare entro il 2025 a una riduzione delle emissioni di circa il 25% rispetto al 2015.
Interessante nella ricerca è la valutazione che riguarda il periodo di crisi pandemica (anno 2020), quando il biossido di azoto (NO2) generato dal traffico era sceso in modo drastico ma fu registrata anche una mancata riduzione del PM10 causata prevalentemente dalle emissioni di ammoniaca provenienti dall’agricoltura. Il volume sarà oggetto di confronto da parte dei Consiglieri regionali, che discuteranno e voteranno un documento di sintesi e valutazione.