Proposta lombarda su Enti locali, riforma del Titolo V della Costituzione e del Senato

Dalla Lombardia una proposta per evolvere e aggiornare il modello regionalista in Italia, attraverso un passaggio a 9 Regioni nel nostro Paese, così come avvenuto lo scorso 25 novembre in Francia con la 'Carte amministrative a 13 Regions' che comporta la riduzione da 22 a 13 Regioni più forti.
"Si tratta di una proposta che ho presentato durante la Conferenza delle Assemblee legislative regionali e a tutti i capigruppo del nostro Consiglio regionale – ha affermato il Presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Raffaele Cattaneo a margine del Convegno "Gli snodi della riforma costituzionale sul Senato, Titolo V e sull'assetto degli enti locali" che si è tenuto oggi a Palazzo Pirelli -. Il regionalismo va difeso perché è ancora oggi una forma organizzativa dello Stato adeguata che dà risposte concrete alle esigenze dei cittadini, ma che dopo tanti anni ha molti aspetti che sono da rivedere e superare. L'accorpamento a 9 Regioni ha l'obiettivo di aggregare territori più simili per dimensioni e prodotto e costruire soggetti più adeguati".
Sulla possibile aggregazione stanno già lavorando, oltre alla Lombardia, anche altre Regioni, ma resta un tema aperto: "Il vero punto critico è rappresentato dalle Regioni a Statuto Speciale, che difendono la loro specialità, che con il tempo è diventata meno motivata e che dunque può essere messa in discussione. Forse è venuto il momento di rivedere questo criterio, affidando la richiesta di maggiore autonomia soprattutto a quelle Regioni che hanno saputo dimostrare di utilizzare bene quegli spazi di libertà che sono stati loro concessi".

Gli aspetti della riforma costituzionale che riguardano il Senato, la riforma del Titolo V della Costituzione e il nuovo assetto degli Enti locali sono stati i temi al centro del convegno tenutosi oggi nell’Aula del Consiglio regionale della Lombardia.
L’appuntamento, promosso dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale con la collaborazione di Eupolis Lombardia, ha cercato di approfondire queste problematiche con il contributo di esperti e politici regionali e nazionali.
“Una riforma che va nella direzione di depotenziare o peggio azzerare il ruolo e le funzioni delle Regioni mi vede fortemente contrario –ha sottolineato nel suo intervento il Presidente di Regione Lombardia Roberto Maroni-: mi auguro pertanto che il testo che andrà in Parlamento a metà dicembre possa essere sensibilmente modificato e migliorato. La complessità del sistema regionale deve essere gestita come una ricchezza, non deve e non può essere azzerata: le Regioni non sono quei centri di spreco che da più parti ci vengono oggi dipinte, è giusto punire e colpevolizzare chi ha sbagliato, ma non possiamo generalizzare”. Maroni si è quindi soffermato sull’emendamento presentato ieri in Parlamento alla Legge di Stabilità, che prevede l’obbligo per le Regioni di farsi carico del 50% del costo del personale delle Province indipendentemente dalle competenze assegnate: “E’ una ipotesi inaccettabile –ha detto il presidente della Giunta lombarda- e che potrebbe comportare per le casse regionali già oggi colpite da tagli indiscriminati da parte del Governo un ulteriore costo di 130 milioni all’anno”.
La mattinata, dopo l’introduzione del Presidente del Consiglio regionale lombardo Raffaele Cattaneo, ha visto le relazioni dei professori di diritto costituzionale Lorenza Violini (Università degli Studi di Milano), Stelio Mangiameli (Università degli Studi di Teramo) e Franco Pizzetti (Università degli Studi di Torino).
Nel pomeriggio spazio ai contributi politici con gli interventi di alcuni Parlamentari nazionali, tra cui il relatore del progetto di riforma in Commissione Affari Costituzionali Emanuele Fiano. Sono intervenuti anche i Consiglieri regionali Enrico Brambilla (PD), Stefano Bruno Galli (Maroni Presidente) e Dario Violi (M5Stelle), oltre all’Assessore regionale Massimo Garavaglia in qualità di coordinatore della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
"Non esiste nella storia delle istituzioni, a partire dal Settecento, che le riforme vengano dettate da scandali, crisi o esigenze contingenti –ha spiegato il capogruppo della Lista Maroni Stefano Bruno Galli-. Le riforme servono a una migliore organizzazione della democrazia, e certo la lentezza dei processi burocratici ha rappresentato un alibi per non cambiare nulla. E non dimentichiamoci che la Delrio rappresenta un vulnus significativo, togliendo risorse e competenze dirette ai sindaci".
La riforma va fatta, perché si pone obiettivi positivi -ha detto il capogruppo del Partito Democratico Enrico Brambilla-: superamento del bicameralismo, migliore definizione delle competenze, riduzione dei costi della politica. Ci sono però alcune criticità che vanno risolte, in particolare per consentire alle Regioni in equilibrio di avere maggiore autonomia, perché così potrebbero far meglio e con meno costi. Le Regioni devono però anche fare una profonda autocritica rispetto al loro funzionamento fin qui conosciuto”.
La riforma Costituzionale creerà nuovi problemi senza affrontare quello più evidente, ossia la responsabilizzazione fiscale delle amministrazioni –ha concluso Dario Violi (M5Stelle)-: non è allontanando le competenze legislative dal territorio che si risolvono gli sprechi; al contrario, questo porterà al perpetrarsi di quel centralismo paternalista che, sposando il criterio della spesa storica, ha inevitabilmente condannato all’indebitamento la nostra Repubblica”.