Tradizioni: la Lombardia si riscalda con la Giobia

La festa ricorre l’ultimo giovedì di gennaio ed è radicata soprattutto in Brianza, nell’Altomilanese, nel Varesotto e nel Comasco

La Giubiana o Festa della Giobia è una festa tradizionale molto popolare nell’Italia settentrionale, anche in Lombardia, dove è radicata soprattutto in Brianza, nell’Altomilanese, nel Varesotto e nel Comasco.
Si celebra ovunque l’ultimo giovedì del mese di gennaio (quest’anno il giorno 25), quando vengono accesi dei grandi falò  nelle piazze e viene bruciata la Giubiana, un grande fantoccio di paglia vestito di stracci.

La leggenda popolare racconta che la Giubiana è una strega, spesso magra, con le gambe molto lunghe e le calze rosse. Vive nei boschi e grazie alle sue lunghe gambe non mette mai piede a terra, ma si sposta di albero in albero. Così osserva tutti quelli che entrano nel bosco e li fa spaventare, soprattutto i bambini. E l’ultimo giovedì di gennaio va alla ricerca di qualche bambino da mangiare.
Ma una mamma le tese una trappola. Preparò una gran pentola piena di risotto giallo allo zafferano con la luganega, e lo mise sulla finestra. Il profumo era delizioso, la Giubiana sentì il buon odore, corse con la sua scopa verso la pentola e cominciò a mangiare il risotto. Il risotto era tanto, ma era così buono che la Giubiana continuò a mangiarlo e non si accorse che nel frattempo stava per sorgere il sole. Il sole uccide le streghe, e così il bambino fu salvo.

Nell’Altomilanese la festa della Giobia ancora oggi viene celebrata in molti Comuni con il rogo di un pupazzo simboleggiante una donna anziana per esorcizzare le forze negative dell’inverno e propiziare l’avvento della primavera.
L’ultimo giovedì di gennaio gli abitanti di molti paesi della Brianza da decenni si divertono a cantare e danzare attorno a un enorme falò su cui brucia una giovane donna di pezza. Scacciano così secondo tradizione i mesi più duri dell’inverno e si augurano un futuro più felice.

L’ultimo giovedì di gennaio a Busto Arsizio decine di fantocci raffiguranti una donna vecchia e di brutto aspetto vengono bruciati. Inoltre, nella piazza principale della città, piazza San Giovanni Battista, vengono serviti polenta e bruscitt.
A Gallarate, la Giöbia viene bruciata ogni anno in un diverso quartiere della città, anche qui accompagnata da risotto e luganega (piatto tipico della città).
A Fagnano Olona si organizza il “falò della gioeubia“, in collaborazione con l’Associazione Volontari Contrada dei Calimali e la Pro Loco. Qui la cultura contadina imponeva di mangiare nel giorno della Giobia almeno un piatto di lenticchie con cotechino: per tradizione questo avrebbe allontanato i disagi degli insetti (moschini e zanzare) nella stagione estiva durante il lavoro nei campi.
Anche ad Arsago Seprio si erige il grande falò con in cima un fantoccio dalle sembianze femminili, la così detta Vegia: il fuoco per accendere il falò viene portato da un druido, un sacerdote celtico, con una cerimonia particolare in un luogo simbolo del paese, la palude.

A Cantù invece a essere simbolicamente immolata su una pira di legno posta nel centro di piazza Garibaldi, nel centro cittadino, è una giovane bellissima che secondo la tradizione rappresenta una castellana che ebbe l’ardire di tradire la città in un lontano passato, forse nella guerra tra milanesi e comaschi del XII° secolo. Cantù, alleata a Milano contro la città lariana, subì infatti una dura sconfitta, e la guerra fu infine vinta dai milanesi che conquistarono Como decretando così, secondo questa interpretazione della leggenda, anche la condanna al rogo della giovane.
A Mariano Comense la tradizione racconta che la notte di un giovedì di gennaio di settecento anni fa bussò a uno degli ingressi del borgo di Canturio una bellissima donna. Padre Lorenzo, scambiando la giovane ragazza con la Madonna, le aprì inconsciamente la porta della città dove fecero il loro ingresso anche le truppe militari dei Visconti che si insediarono immobilizzando le guardie nelle varie torri. I milanesi si erano anche impadroniti della vicina Marliano (l’odierna Mariano Comense) e i Grassi, signori di Canturio, furono spodestati e cacciati. Della giovane non si sentì più parlare e si presuppone che alcuni abitanti del borgo la bruciarono viva accusandola di essere una creatura demoniaca in grado di stregare un uomo di Chiesa.